I 7 pilastri della Scrittura Consapevole - Semplicità (1)


La natura opera nel modo più conciso possibile.
(Aristotele)

(Qui, gli altri articoli sulla Scrittura Consapevole)

Tra i sette pilastri della scrittura consapevole, quello della semplicità è per me il più difficile da applicare. O meglio: lo era all’inizio. Ora il processo di purificazione dalle scorie della mia mente sta avvenendo in maniera spontanea. Per far evolvere la mia scrittura, è bastato trasformare la mia vita quotidiana.

Come per l’autenticità, infatti, anche la costruzione di questo pilastro deve avvenire prima nel proprio modo di essere. A scrivere i nostri testi, come ho detto mille volte, non è un’entità soprannaturale: davanti alla tastiera ci siamo noi, con il nostro stile di vita, le nostre paure e le nostre fragilità.

Per questo motivo, dopo avervi spiegato brevemente l’importanza della semplicità in ambito creativo, farò  un passo indietro e vi racconterò cosa ho compreso grazie al mio recente cambiamento di priorità.

Anche stavolta non mi limiterò a suggerirvi gli esercizi di Julia Mc Cutchen, ma li farò anch’io. In uno dei prossimi articoli, risponderò personalmente alle domande poste alla fine dell'articolo.

Ora, però, andiamo con ordine.

FOCALIZZAZIONE SULL’ESSENZA

Non so se si tratti di una storia vera o di una leggenda metropolitana, ma ve la racconto ugualmente. 

Quando chiesero a Michelangelo come avrebbe scolpito il David, lui rispose che si sarebbe limitato a rimuovere la pietra che non apparteneva alla sua scultura.

Questa visione della creatività rivela il senso più profondo della semplicità.

Julia Mc Cutchen lo spiega molto bene:

Coltivare la semplicità significa focalizzarci sull’essenza del nostro messaggio e rimuovere tutto ciò che non serve spiegare, conservando esattamente ciò che è indispensabile per realizzare il nostro intento.

Sembrerà paradossale, ma essere complessi è molto più facile che essere semplici: quando la tavola è imbandita d’ogni ben di dio, l’avventore si concentra sulla quantità di cibo, non sulla sua qualità.

Secondo me, l’abuso di pensieri e di parole è tipico degli insicuri.

Non è questione di lunghezza. I miei post, qui sul blog, sono in media di 1300 parole, eppure credo di non parlarmi addosso (#imieiprimipensieri a parte). Però ci è voluto un po’di tempo per arrivare all’essenziale.

Nel mio romanzo, all’inizio scrivevo capitoli lunghissimi, ripetevo i medesimi concetti mille volte e mi imbarcavo in fantasmagorici arzigogogoli tecnici, perdendo di vista il focus di ciò che desideravo raccontare.

Poi, ho iniziato a pelare la cipolla, liberandomi di tutto ciò che non mi serviva.

Nella vita, non nella scrittura. E anche i miei testi ne hanno giovato.

BISOGNI SOCIALMENTE COSTRUITI

Per gli Scrittori Consapevoli, le cose importanti includono il tempo e lo spazio necessari per connettersi con il proprio nucleo più profondo, alimentare l’ispirazione e scrivere ciò che si ritiene importante. O, nel mio caso, scrivere e basta. Poterlo fare per lavoro. Ecco, io per ora mi accontento di questo.

Adesso che ho preso il part-time, la mia vita è diventata più a misura “di Chiara”.

Ma quanto tempo c’è voluto per prendere questa decisione?

Tantissimo. I problemi erano soprattutto nella mia testa. Ho dovuto lottare contro la paura di trovarmi con il sedere per terra. Ero angosciata all’idea di dover fare dei sacrifici economici per compensare la momentanea riduzione di stipendio, di dover, come dice il cantautore Brunori Sas nel suo brano La verità: rinunciare a quelle quattro o cinque cose a cui non credi neanche più.

Ora sento di non poter più tornare indietro.

Sono felice perché, nonostante le mie paure, non ho dovuto rinunciare a nulla, se non alla psicanalisi che mi serviva per sopportare la vita in ufficio. Ho le stesse risorse di prima, ma sono finalmente padrona del mio tempo. La semplicità fa paura perché ci hanno abituato a pensare che la ricchezza stia nel numero di oggetti accumulati, nella quantità di messaggi ricevuti e inviati o nelle dimensioni dello smartphone. In realtà questa scelta non porta alcuna privazione. Perché non è povertà, né sciatteria. Anzi: è gioia pura.

Facciamo tante cose che non ci piacciono solo perché la società le ritiene opportune, ma questo non ci renderà certo meritevoli di essere ricordati dai posteri. Nessuno lascia il segno perché va in discoteca tutte le sere (a meno che non sia Bob Sinclair) o perché fa mezz’ora di straordinari non pagati per compiacere i capi. Il segno si lascia quando mettiamo i nostri talenti al servizio della collettività e viviamo assecondando la nostra vera natura. Per arrivare a ciò dobbiamo avere il coraggio di tagliare ciò che ci fa del male senza sentirci degli emarginati. Selezionando ciò che per noi è davvero importante, scopriremo la vera ricchezza e godremo dell’abbondanza portata da ciò che risuona con la nostra sensibilità più profonda. Tutto il resto, tutto ciò che è superfluo, finirà nell’oblio senza alcun rimpianto.

Per raggiungere l’essenza della nostra scrittura, quindi, dobbiamo trovare l’essenza della nostra vita.

Come si fa?

Io purtroppo non ho ricette preconfezionate.

Però, per vivere all’insegna della semplicità, ritengo fondamentale:

1) Identificare lo stile di vita più adatto alla nostra personalità.

Ciò significa identificare cosa ci fa provare un profondo senso di libertà e benessere, cosa ci fa andare a dormire sereni, cosa ci fa sentire al nostro posto proprio lì dove siamo e da nessun’altra parte.

Chi arriva a casa la sera distrutto non ha lavorato meglio di chi ha la forza per fare una corsetta e un po’ di yoga, né di chi ride a crepapelle davanti a una birra. Viviamo con la convinzione limitante che per ottenere dei risultati si debba soffrire, ma quando si prosegue fieri verso il proprio scopo l’energia vitale non viene dispersa, si ha sempre voglia di spingersi un po’ più in là. La stanchezza ci sarà sempre, ma sarà sana, costruttiva: deriverà dalla consapevolezza di aver dato un importante contributo alla crescita della propria anima e non dallo sforzo disumano compiuto per compiacere le aspettative altrui.

2) Riconoscere gli ostacoli che c’impediscono di rispettare le nostre priorità.

Nel mio caso, il lavoro in ufficio è stato, anche se non l’unico, il principale ostacolo alla mia realizzazione personale. Se ci pensate bene, è paradossale: quando un individuo non trae un briciolo di soddisfazione personale da ciò che fa per due terzi della propria giornata, quale contributo più dare al mondo?

Mi potrete dire che le persone hanno sempre fatto sacrifici, nei secoli dei secoli. Giusto. Giustissimo. Ma noi viviamo nella società dei bisogni post-materialisti. Guadagnarsi la pagnotta non basta più, perché anche l’identità personale ha un valore. La mia era stata completamente annientata. Se fossi rimasta rinchiusa full-time là dentro ancora a lungo, sarei diventata una depressa irrecuperabile.

Le nostre risorse e le nostre doti individuali non vanno mai sprecate. Veniamo qui, sulla terra, con uno scopo. E lasciarsi esistere con il solo obiettivo che arrivi la sera non è il modo migliore per realizzarlo. Al contrario, alla lunga annienta.

3) Custodire con cura lo spazio che abbiamo creato.

Quando viene avviato un processo di cambiamento, il rischio più grande è quello di ricadere nelle vecchie abitudini e ritrovarsi al punto di partenza. Quindi, dobbiamo stringere i denti e cercare di essere coerenti, credere fortemente nel nostro ideale. Per riuscirci potrebbe essere sufficiente ricordarci quanto stavamo male quando vivevamo dentro una vita che non ci apparteneva. È un ottimo deterrente, ve lo assicuro, per guardare avanti, sempre a testa alta. Ma anche sentirsi profondamente grati per tutto ciò che c’è aiuta moltissimo. 

La felicità non è mai qualcosa di scontato. E nemmeno la semplicità lo è.

DUE SEMPLICI DOMANDE
Il processo di spoglio, può iniziare da qui:

1-Cosa allieta il mio cuore?
2-Cosa allieta il mio cuore di scrittore?

La prima domanda è generica: parla di noi e della nostra vita. La seconda invece punta a tirare fuori le nostre idee sulla scrittura e sull’autorialità. Perché sono così importanti?

La risposta è molto semplice: lì c’è già tutto ciò di cui avete bisogno.

Esprimetevi nei commenti, dunque, sui vostri blog o su un taccuino.

Le vostre risposte, che vengano condivise oppure no, serviranno da base per ciò che ci diremo in futuro. Presto entrerò anche nel merito della scrittura...

Commenti

  1. Identificare lo stile di vita più adatto alla nostra personalità: ebbene sì, io tutto sommato sono riuscito sempre a perseguire questo obiettivo, alla lunga ha 'pagato' questa mia testardaggine. Cerco di fare le cose che mi fanno stare bene e di queste cose mi piace scrivere; scrivo di me stesso; scrivo del mio passato perché per quanto impopolare, è stato il mio passato. E poi ho scoperto che alla fine, nel mondo, altri hanno vissuto le mie stesse esperienze, quindi alla fine, non ero così anormale.

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    1. La "normalità" è un concetto che esiste nella nostra testa a causa delle molteplici campagne pro-conformismo cui ci sottoponiamo fin da bambini. Tuttavia, credo che nella vita conti solo essere una persona per bene. Poi, ciascuno è libero di esercitare la propria libertà come meglio crede. :)

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  2. La semplicità, come la indichi tu, è una necessità spesso difficile da perseguire nella vita ancor prima che nella scrittura.

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    1. Vero. Ma secondo me se non c'è nella vita non ci potrà mai essere nemmeno nella scrittura. :)

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  3. Tutto molto vero e corrispondente alla mia esperienza, per quanto sto riuscendo ad applicarlo. Ritrovare il contatto con se stessi al di là delle aspettative altrui e delle convenzioni sociali è una vera liberazione. Ho lottato per tanti anni prima di capirlo. :)

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    1. Sì. Ho letto anche sul blog di Andrea. La ricerca interiore è una delle cose che abbiamo in comune, nonostante una differenza caratteriale di base. E mi piace molto il tuo approccio. :)

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  4. Semplicità e aggiungo essenzialità. Ecco la vera chiave per comunicare, anche attraverso la scrittura. Tutte siamo impegnate a realizzare questi obiettivi che danno forma e sostanza alle nostre idee rendendole fruibili.
    Io svolgo un lavoro molto impegnativo, soprattutto sul piano del coinvolgimento emotivo e della stanchezza "di testa". Scrivevo qualche volta, in modo molto compresso, la sera. O nei week end, quando c'era spazio.
    Ma mi mancava il tempo per me, per la mia ginnastica, la mia meditazione, che avevo collocato sempre in quella fascia oraria. Ma non si può fare tutto! Così inevitabilmente perdevo dei pezzi per strada e mi sentivo a disagio...
    Da quando ho applicato la semplice routine quotidiana dei 5-20 minuti, che ho descritto nel mio blog recentemente, ho rivoluzionato l'agenda della giornata e miracolosamente ci sta tutto! Ed io sono più felice, perché riesco a fare ciò che amo e di cui ho bisogno senza sacrificare nulla.
    L'organizzazione è tutto (ci scriverò un post :)

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    1. Non ho letto della routine dei 15-20 minuti, ma vedo subito a vedere perché mi incuriosisce molto. E chissà: magari sarà utile anche a me.

      Sì, è vero, l'organizzazione è tutto, anche se paradossalmente tra i miei obiettivi c'è anche quello di rendermi più flessibile, perché il rispetto maniacale della tabella di marcia in passato mi ha causato un fortissimo stress.

      Da brava bilancina, devo trovare l'equilibrio tra maniacalità e sciatteria. :)

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  5. Quindi in sostanza i buoni principi applicati alla vita si trasferiscono facili poi sulla carta per una sorta di equilibrio interno che mette in ordine anche i pensieri. In effetti se la scrittura è l'espressione dell'inconscio il suo vivere in maniera più equilibrata non può che gioirne. Mi piace, concordo con chi dice che mettere in pratica questo concetto è impegnativo, ma di certo merita.

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    1. Esattamente, Nadia, proprio così. Se sei una persona complicata è molto difficile che tu riesca a essere semplice nella scrittura. Stesso discorso valeva a suo tempo quando avevo parlato dell'autenticità. 😊

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  6. L'organizzazione è per sua natura flessibile, deve potersi adattare alle cose prevedibili e non. Altrimenti è schematismo, e non serve a nulla 😉

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    1. Esatto. E lo schematismo è incompatibile con l'essere artisti. :)

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  7. Ciao Chiara :-) vorrei portare all'attenzione di tutti uno stile letterario molto affine al concetto di semplicità che è il "flusso di coscienza" di Joyce. L'anima parla e canta in un susseguirsi di parole senza punteggiature e divisioni grammaticali..in un flusso di pensieri privo di schemi.
    Inizialmente emergono schemi e blocchi interiori.poi ci si lascia andare...

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    1. Esatto! L'iniziativa #imieiprimipensieri nasce proprio da quest'idea. :)

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